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Qualche volta il destino assomiglia a una tempesta di sabbia che muta incessantemente direzione. Per evitarla si cambia andatura e senso di marcia, ma anche il vento sembra cambiare, come per adattarsi al passo.
Ogni tentativo è vano, perché quel vento non arriva da fuori, ma è qualcosa che hai dentro. Quel vento sei tu. L’unica cosa che puoi fare è entrarci, camminando dritto e chiudendo forte gli occhi per non farci entrare la sabbia.
Non troverai sole né luna, nessuna direzione. Soltanto una sabbia bianca, finissima, fatta di ossa polverizzate, che danza in alto nel cielo. E naturalmente dovrai attraversarla quella tempesta che, seppur metafisica e simbolica, lacera la carne come mille rasoi.
E quando sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro che sia finita per davvero. Ma una cosa è certa, quando sarai uscito da quel vento, non sarai più lo stesso che vi è entrato.

La mia tempesta di sabbia arrivò un giorno di novembre del 1994. Avevo, diciannove anni. Durò molto tempo.
Alda Merini dice che “Ognuno di noi ha vissuto qualcosa che l’ha cambiato per sempre”.
Quel qualcosa per me fu l’anoressia.
Ma fu solo l’inizio della mia tempesta, che mutò in bulimia, male di vivere, amori traditi, solitudine, mobbing, bullismo e smarrimento… fino a concludersi con un aborto.
Quella tempesta mi sputò fuori, forse definitivamente, solo nel 2014.

Avevo trentanove anni.